Nei nostri vini si sente il mare, con il suo vento che spira dalla Liguria. Ma anche le pietre, che nell’Alta Langa rendono eroica la nostra viticultura
Vento e pietra. Potrebbe essere il titolo di un racconto. Il racconto dell’Alta Langa, fatto di brezze che giungono dal sud e di rocce tra le quali eroicamente si coltiva. Terra di confine, la nostra. Questo è il suo fascino: alle spalle, il cuore più autentico del Piemonte; e all’orizzonte, quella Liguria verticale e indomabile che dispensa molto più di quanto si possa immaginare. Come i benefici del suo clima che, attraverso vallate, valichi e remoti passaggi, riescono a far sentire la propria influenza ben oltre la serrata cortina degli Appennini.
Un clima di cui anche noi, qui in Alta Langa, abbiamo l’onore e la fortuna di beneficiare. Soprattutto quel vento che, ogni tanto, dal mare verso l’entroterra spira, portando con sé note di salsedine, voluttuosi tepori e misteriose lontananze. Energico ed esuberante, lo si sente soffiare attraverso la bocchetta di Altare o il Colle di Cadibona, per poi insinuarsi nelle nostre valli dove, con il suo incessante ruzzolare, elargisce ovunque i suoi aromi salmastri e le miti temperature della costa. Questo vento ha un nome: Marin. La derivazione è facilmente intuibile: mare, Marin. Che proviene, appunto, dal mare.
Benefici, effetti provenienza del Marin
Non lascia indifferenti, il Marin. Pretende di imprimere un segno a ogni cosa che accarezza. E ci riesce. Soprattutto con i vigneti, favorendo la maturazione delle uve, proteggendo i grappoli dalle muffe ed esaltando le caratteristiche aromatiche dei vini, per una loro maggiore qualità, freschezza ed eleganza. E non solo. Un altro pregio del Marin è quello di proteggere la zona dell’Alta Langa, in primavera e in estate, dalle perturbazioni da nord-ovest. Si dice, in gergo tecnico, che quest’area rimane in “ombra pluviometrica”, per cui può accadere che, mentre nell’Alto Piemonte piove a dirotto, qui il cielo sia sereno o appena velato.
Il Marin, in realtà, giunge da molto molto lontano, nello spazio e nel tempo. Altro non è che una variante del più rinomato Scirocco, vento il cui nome era stato originariamente coniato dai marinai di Zante, l’isola greca al cui sud-est si trova la Siria, la terra da cui proviene, appunto, lo Scirocco. In Croazia lo chiamano Jugo. In Libia, Ghibli. Ma per tutti, resta un vento caldo e umido, più frequente in primavera e in autunno, raggiungendo il suo massimo nei mesi di marzo e novembre. Una curiosità: solitamente soffia a terzine, ovvero di tre giorni in tre giorni. Quasi mai un giorno solo. Lo Scirocco, a seconda di dove spira, crea effetti tra loro completamente diversi: sulle coste del Nordafrica, secca l’aria e alza la polvere; sul Mediterraneo, invece, porta tempo caldo e umido. Un’umidità che, se insistente e duratura, può risultare altamente nociva per la viticoltura, provocando anomalie nella fioritura della vite o nella formazione del grappolo, con relativi danni sulla produzione. I più anziani di certo se lo ricordano. C’è stato un periodo in cui episodi di questo tipo erano tutt’altro che rari. Si diceva, in dialetto, che “l’üva a marinà”, ovvero che vite “ha patito il Marin”.
Vento e pietra nei nostri vini
“Nei vostri vini si sente il mare”. È un’espressione che amiamo. Lo avevano dichiarato, tempo fa, alcuni critici dopo aver degustato alcune produzioni della nostra azienda. E da allora, abbiamo fatto di queste parole il nostro cavallo di battaglia. Sono due i vini ai quali questa originale definizione si riferisce: il Langhe doc Chardonnay e il Dolcetto d’Alba doc.
Il Chardonnay si differenzia dai classici vini bianchi piemontesi per la coltivazione a cordone speronato alto e il metodo di vinificazione. Ma è l’influenza del vento e del mare che gli dona quei suoi evocativi profumi e quella sapidità al gusto del tutto inusuale ma assolutamente sorprendente.
Il Dolcetto d’Alba, invece, punta di diamante del territorio di Cortemilia, si contraddistingue per la sua spiccata eleganza e per quella tipica mineralità data non solo dalla vicinanza con il mare ma anche e soprattutto dalle pietre dei terrazzamenti. Una coltivazione eroica che, nel 2016, gli valse la conquista dell’ambito Presidio Slow Food.